Le vicissitudini degli amanti del palamito non sono ancora concluse.
Dopo una riduzione drastica del massimo numero di ami presenti in pesca e la successiva modifica che da 50 li ha visti portare a 100 e l’impedimento dell’uso di salpa palamiti motorizzati, oggi viene imposta un ulteriore regola.
Ebbene gli appassionati di questa tecnica, oltre ad essere a posto con la comunicazione obbligatoria di esercizio della pesca in mare, dovranno munirsi, solo per la pesca con il palangaro, di una specifica autorizzazione.
Un documento ben diverso da quelli a cui siamo abituati, per il tonno o il pesce spada.
Qui si tratta di una autorizzazione vera e propria che ha caratteristiche “legali” ben diverse, dalle altre che sono invece comunicazioni, che il pescatore fa alle autorità.
Infatti il richiedente dovrà avere anche, diciamo così, un trascorso “pulito” e non aver subito nessuna sanzione amministrativa proprio in merito alla pesca con le coffe e sarà tenuto ad identificare in modo univoco lo strumento di pesca, con i numeri della sua autorizzazione.
Il modulo, che trovate in allegato QUI, insieme alle regole di attuazione, dovrà essere consegnato presso l’autorità marittima competente, di zona, in doppia copia corredato di marche da bollo da 16 euro.
Una spesa inevitabile se si vuole continuare a vivere le emozioni di questa tipologia di pesca.
Il documento ha caratteristiche amministrative tali per cui è tassativa l’apposizione della marca.
Molti di voi si domanderanno le ragioni di una così specifica attenzione delle autorità verso questa particolarissima e antica attività alieutica.
Ebbene il palangaro, coffa, conzo o palamito come viene chiamato dai vari dialetti marinari, è uno strumento di uso prevalentemente intensivo, professionale, che prevede una perizia non propriamente dilettantistica e ricreativa e men che meno sportiva.
Ed è anche uno strumento di prelievo inutile se non lo si sa adoperare ma fin troppo efficace se chi lo usa sa dove mettere le mani.
Ed ultimamente era diventata un’attività verso la quale si sono lanciati ex professionisti sotto le mentite spoglie di ricreativi con prelievi non proprio legali ma anzi esempio di bracconaggio.
I tecnici del ministero, quindi, sotto l’input delle associazioni di pesca professionale hanno emanato provvedimenti tali da ridurre drasticamente il fenomeno deviato di questa pesca falsamente amatoriale.
A tutela dell’ambiente ma anche di chi a pesca ci va da impresa, investe, paga tasse e concessioni e non è giusto che subisca la concorrenza sleale di pescatori ricreativi.
Le restrizioni ovviamente toccano tutti anche e più intensamente chi va solo per divertirsi, ma questo è uno scotto inevitabile fin tanto che noi pescatori non decideremo di fare fronte compatto e cambiare le cose.
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