Drifting Magazine

Drifting al tonno: incominciamo da zero

di Umberto Simonelli

Ad apertura di stagione, vogliamo proporre un articolo dedicato a chi vuole iniziare questa grande avventura e confrontarsi con uno dei pesci più grandi che frequentano il nostro mare: il tonno.

Parleremo infatti delle attrezzature, cercando di dare ai nostri amici meno esperti le informazioni di base per approcciare al meglio una tecnica di pesca che, come tutte le cose apparentemente facili, nasconde una miriade di astuzie e accorgimenti che fanno la differenza.

No secret

Il nostro scopo è quello di affrontare l’argomento in modo generale, chiarendo, in modo generico, i punti focali della scelta delle attrezzature.

Non basterà un articolo per trasformare un appassionato in un esperto di drifting, ma può bastare a sapere cosa non fare, che spesso è già sufficiente per non commettere errori.

Quindi non parleremo di incredibili segreti, nè spiegheremo come si fa a prendere i tonni; cercheremo di affrontare l’argomento in modo da valutarne l’aspetto organizzativo.

Insomma cercheremo di fare chiarezza, a dispetto di tante verità più o meno attendibili che il mondo dei social network sforna a vagonate.

 

Non esiste una barca specifica per il drifting, ma esistono barche più adatte o barche che possono diventarlo con allestimenti mirati e soprattutto con un adeguato numero di porta canna robusti e affidabili, su entrambe le murate

 

Un gioco serio

Non a caso, il drifting al tonno è la massima espressione del BIG GAME, il grande gioco.

Ma del gioco conserva solo il divertimento perché è, invece, una pesca seria dove sono in gioco forze importanti e un uso scorretto delle attrezzature o la loro scarsa qualità possono essere fonte di guai.

E’ un tipo di pesca nella quale non ci si avventura, alla quale è importante approcciarsi con molta umiltà e idee chiare e, soprattutto, mai da soli.

Un compagno, meglio se con molti tonni alle spalle, è indispensabile.

 

L’attrezzatura

Una canna troppo potente è assolutamente controproducente quando le prede sono di taglia moderata, perché se la canna non flette il lavoro del pescatore diventa molto più gravoso

 

Partiamo da un presupposto: se non avete l’animo del collezionista di canne, considerate che una buona attrezzatura da tonno è per sempre.

Sappiate anche che, se possedete una barca con la quale affrontare l’impresa,  anche questa deve avere dei requisiti minimi indispensabili.

Ma è inutile pensare che si debba necessariamente iniziare armati di dodici di tutto: non è la quantità che fa prendere i pesci.

Per prendere un tonno basta una canna con un mulinello; però ricordate che se il tonno è un tonno vero ci vuole una buona canna con un buon mulo …..

Se ci dovessimo sbilanciare potremmo dire che 50 lb sono il dimensionamento ideale per il 90% dei pesci che incontreremo; anzi, anche un doppio libbraggio, tipo 30/50, ci sta tutto.

Fino a 100 kg problemi non ce ne sono: con i pesci importanti conta molto il “manico”, ma l’esperienza purtroppo si fa sulla propria pelle e non si legge nè si racconta.

 

Una attrezzatura completa, per equipaggiare una barca e pescare in modo tradizionale è costituita da almeno tre canne; per poter posizionare le esche a distanza e profondità diverse tra loro in modo che rimangano sempre nella scia di pastura e intercettare i pesci che la risalgono

 

Mai acquistare una canna esagerata, nella previsione di imbattersi nel gigante dei giganti, col concetto che se ce la fa con i mostri, con i piccoletti sarà una passeggiata.

Premesso che la taglia dei pesci non è prevedibile, per un semplice principio di leve tirare un pesce medio con un “bastone” è scomodo da morire.

La canna deve lavorare, si deve piegare, perché così diventa la sua azione meno svantaggiosa, ed è alla sua elasticità che spetta il compito di stancare il pesce e non alle vostre braccia.

Altresì è un errore imperdonanile pensare di potersela cavare acquistando una canna tutto fare, che vada bene dal “fragolino al tonno” .

La specificità dell’attrezzatura da drifting pesante è assoluta e non ci possono essere compromessi

 

I muli

Bobina capiente, cicalino sonoro, frizione affidabile, ergonomicità della manovella oltre che la qualità dei materiali, sono le caratteristiche che riteniamo determinanti nella scelta

 

Le canne andranno equipaggiate del relativo mulo.

Anche per questo le proposte commerciali sono tante.

La qualità è sempre mediamente elevata per tutti i prodotti ed in genere i costi ne sono la prova.

Non esistono, infatti, attrezzi straordinari a prezzi straordinari.

Tecnologia, qualità e ricarichi commerciali corretti generano costi sotto i quali è difficile scendere e, per azzardare una cifra, i 500 euro sono il valore di riferimento.

Criteri di scelta, comunque, ce ne sono da tenere in considerazione: sicuramente la capienza della bobina e la robustezza meccanica complessiva.

L’ergonomicità è un altro aspetto; ma secondo il nostro parere anche la dimensione della frizione va tenuta d’occhio.

Noi preferiamo muli con superfici frenanti ampie.

Dissipano meglio il calore e, se l’uso è intensivo e gli strike sono tanti, la differenza si vede nel tempo.

Nulla togliendo ai mulinelli piccoli e cattivi di nuova generazione che oggi sono molto apprezzati.

Diciamo però che il classico non delude mai.

 

Fili, ami e terminali

Un buon nylon, soprattutto se con basso indice di rifrazione, morbido e tenace, è una ottima scelta per realizzare terminali che non penalizzino la credibilità delle esche in acqua

 

Non ci piacciono i mulinelli imbobinati con fili aventi carico di rottura superiore alla potenza del complesso pescante.

E il consiglio è di cercare la sicurezza nella qualità del nylon e nei nodi ben fatti piuttosto che nella sezione.

Un filo che si rompe molto dopo il carico complessivo di canna e mulinello può essere pericoloso, perché sollecita l’attrezzatura: è bene che tutto sia calibrato.

Al contrario, il terminale deve essere potente e avere una resistenza tale da consentire di forzare la preda negli ultimi metri.

Quando si parla di terminali, si apre un vero e proprio vaso di Pandora: le scuole di pensiero sono moltissime; chi preferisce corti finali in fluorcarbon, preceduti da una lunga doppiatura o chi, come noi, che crede nella leggerezza del nylon, optando per terminali lunghi e del tipo dicroico .

 

I circle, oggi,  sono una scelta quasi obbligata; la caratteristica di essere autoferrante e di infiggersi sempre al lato della bocca in modo quasi millimetrico ne fanno un amo straordinario. A patto però che sia lasciato libero di oscillare e di ruotare su se stesso durante lo strike e non bloccato da un nodo diretto

 

Sull’amo non abbiamo invece dubbi. I circle sono da preferire in assoluto.

Forse più difficili da innescare, ma decisamente ideali.

Rigorosamente non offset, i circle garantiscono allamate sicure con più vantaggi.

Uno è quello di infiggersi nella bocca lasciando il filo fuori, cosa che evita la sua usura e ci consente di diminuirne la sezione.

Poi  non provoca lesioni pericolose per il pesce e in caso di rilascio è l’ideale.

 

Non finisce qui

Il drifting è una tecnica che di rado si svolge in solitario, anzi la sicurezza impone di non essere soli .

Il drifting impone un equipaggio e quindi una barca attrezzata degli accessori, oltre che allestita correttamente allo scopo.

Quindi dopo canna e mulinello si apre un’altro mondo di “strumenti” da  scegliere in modo attento, dai portacanna al raffio .

E ne parleremo più avanti.