Quando mi soffermo a fare il punto sulla pesca, o meglio sul suo mondo, mi rendo conto, sempre con maggior certezza, che molte cose debbano essere cambiate.
Ed anche con una certa celerità.
Prendo spunto, per alcune riflessioni più generali, dalla novità normativa che vede obbligatoria una specifica autorizzazione per l’esercizio ricreativo della pesca col palamito.
Chi mi legge conosce, per quel che contano, le mie posizioni e la mia netta convinzione che il palamito, per sua stessa natura, non possa annoverarsi nelle tecniche proprie di una pesca ricreativa.
Non perché non possa essere divertente, ma perchè è uno strumento che, per potenzialità di prelievo, è in contraddizione con le regole della pesca amatoriale.
Ma non è questo il punto.
Il punto sta nell’analisi di quel che c’è dietro, sulle motivazioni che hanno fatto scaturire una legge che non solo obbliga il possesso di una specifica autorizzazione, ma anche di “bollare” gli attrezzi da pesca con il numero di autorizzazione.
Cosa che è piuttosto severa rispetto a come siamo abituati a leggere le regole della nostra pesca.
Senza girarci tanto intorno questo provvedimento è il frutto, si di una manovra mirata a prevenire i prelievi illeciti, ma soprattutto dell’insistenza dei professionisti che da sempre vorrebbero avere il controllo unico della pesca in mare e che ci vedono solo come quelli che per divertimento gli sottraggono quello che per loro è sostentamento.
E colpire il palamito è stata la risposta di miglior compromesso, sempre secondo il mio “malevolo” pensiero, in grado di accontentare i prof e allo stesso tempo non affondare troppo la mano con il resto degli appassionati.
Ma andiamo oltre.
Leggendo il decreto, vediamo che il normatore fa chiaro riferimento, parlando del palamito, al suo uso sia nella pesca ricreativa che in quella sportiva.
Le leggi in genere, non dovrebbero essere frutto di provvedimenti studiati da chi se ne intende? … ma allora viene da domandarsi: ma che c’entra il palamito con la pesca sportiva?
Diciamo che non centra nulla e a parer mio, sarebbe stato più opportuno che la pesca sportiva fosse stata lasciata al suo posto.
E allora vi domanderete dopo tutte queste chiacchiere, la morale dov’è…
La morale o forse meglio l’analisi è questa, anche se corro il rischio di ripetermi.
La pesca ricreativa, la pesca pratica per intenderci, quella per portarci un pesce a casa, che sia dalla barca, dalla spiaggia o da un molo è sempre più in difficoltà, stretta tra l’incalzare di chi del mare vorrebbe fare proprietà esclusiva cancellandola e di chi poco ne capisce e non le riconosce la giusta importanza.
La pesca ricreativa è un comparto grande con tanta economia dentro che sembra che non interessi a nessuno, quando potrebbe essere una delle risorse a costo zero di cui l’economia di un paese di mare come il nostro avrebbe bisogno.
Ed in questo limbo, anche noi pescatori ci mettiamo del nostro perché molti di noi non lo rispettano con atteggiamenti e prelievi ingiustificabili per chi pesca per svago.
Atteggiamento che non fa altro che alzare i toni di chi a pesca ci va per lavoro.
Scaturisce da qui la netta convinzione che la pesca ricreativa abbia bisogno urgente di una nuova “legge quadro”, più moderna, al passo coi tempi e di una nuova mentalità dei pescatori e della politica.