Traina light alle tanute … tutte le tecniche e le astuzie
Di Michele Prezioso
Schianto: è così che, in un modo a dir poco originale, noi campani chiamiamo la tanuta, al secolo Spondyliosoma cantharus, il pesce incubo di tutti quelli che pescano a traina con i cefalopodi vivi o morti. E’ famosa per la sua enorme voracità di cui da sfoggio sulle nostre esche, rendendole in poco tempo inservibili. Ma la tanuta può essere un’ottima preda da insidiare proprio a traina, con non poco divertimento …
Capita spesso, dopo una levataccia per catturare qualche calamaro con l’obbiettivo di insidiare un bel dentice o meglio una ricciola, che tutti i nostri sogni di gloria svaniscano infranti dal fremito del cimino che ci segnala che le tanute sono arrivate e stanno banchettando a spese delle nostre esche. La loro voracità è proverbiale e, data la loro indole gregaria, le aggressioni sono sferrate da più individui e difficilmente una seppia od un calamaro si salvano. Ma, proprio quando la presenza di questi famelici sparidi è consistente, possiamo invertire la tendenza dedicandoci ad insidiarle a traina; e sarà una pesca non solo divertente, ma anche dai contenuti tecnici interessanti.
Pochi minuti ed ecco come le tanute possono ridurre una seppia di discrete proporzioni; da semplici disturbatrici delle nostre esche possiamo trasformarle in prede interessanti tanto dal punto di vista tecnico che gastronomico
Un vero predone
La tanuta appartiene alla famiglia degli sparidi, come il sarago, l’orata o il dentice, e svolge la sua esistenza prevalentemente su fondali misti, in prossimità dei salti di profondità; quindi la troveremo tanto sul colmo delle secche profonde quanto sulle pareti che cadono verso profondità importanti. Praticamente frequenta gli stessi habitat dei dentici e delle ricciole, cosa che rende le nostre esche sempre a rischio. L’indole della tanuta è di predatore, sebbene abbia una dieta molto varia, e la sua inclinazione ad aggredire i cefalopodi, oltre che per gli elevati valori nutritivi, è giustificata dal movimento dei tentacoli che fluttuano durante la traina: un elemento che sarà determinante per la strategia di pesca che adotteremo.
L’aggressività dei maschi è dovuta, oltre che all’innata voracità, alla territorialità che sviluppano durante il periodo della riproduzione, durante il quale proteggono le uova fino alla loro schiusa
Maschi&femmine
Le tanute presentano un forte dimorfismo sessuale che vede i maschi molto più grandi delle femmine, con colori decisamente più forti, specialmente durante il periodo riproduttivo che va da febbraio alla fine della primavera, momento in cui questi animali sono più aggressivi e più inclini ad una dieta proteica. Una particolarità di questa specie è che la cura delle uova, fino alla schiusa, è affidata ai maschi, che si occupano di proteggerle scavando buche sul fondo e con un continuo presidio; proprio per questo non è difficile imbattersi in grossi maschi con vistose bande verticali tra il blu elettrico ed il grigio scuro, che sono in grado di dare filo da torcere con fughe reazione degne di pesci da taglia ben più grande.
Un colore davvero incredibile quello della livrea nuziale dei maschi !
Un enorme maschio, pescato dall’autore, che ha fermato l’ago della bilancia a più di due chili e mezzo, che ha abboccato ad un grosso calamaro: la voracità è stata fatale per questo bellissimo esemplare!
Tecnica non convenzionale
Usualmente le tanute vengono insidiate con la tecnica del bolentino o del light drifting, avvalendosi di pasture che scendono sul fondo con inneschi che vanno dai tranci di sarda e di cefalopode ai cappellotti. Ma la traina, a nostro avviso, offre molti vantaggi in più: il primo è la componente “movimento” che stimola l’aggressività del pesce e poi la possibilità, scandaglio alla mano, di coprire più spazio con la reale possibilità di incrociare i branchi più numerosi. E poiché la tanuta è di indole sedentaria difficilmente, se non ci sono pericoli in giro (le ricciole), si sposta; quindi, una volta individuato il branco, passaggi ripetuti possono consentire catture multiple. La traina che effettueremo sarà assolutamente quella più classica, con piombo guardiano, ma in versione ovviamente light.
Dalla fine dell’inverno a primavera inoltrata, con la giusta tecnica, non è raro imbattersi in esemplari di taglia decisamente interessante
Cosa ci serve
Elemento fondamentale sarà la canna ed una buona 8 libbre, tra 1,80 e 2 metri, farà perfettamente al nostro caso; un’azione di punta che riveli le tocche è certamente da preferire, così come una buona azione parabolica, che ci consentirà di gestire bene fili sottili e allo stesso tempo ricavarne un buon divertimento durante il combattimento. Ma, intendiamoci bene, non sarà proprio facile avere a che fare con questi animali indiavolati, perché pesci molto sopra il chilo sono tutt’altro che rari e la loro reazione non ha nulla da invidiare ai dentici di taglia, anzi è scatenata e potente fin sotto la barca.
Per ciò che concerne il mulinello, sarà perfetto un 12, massimo 16 libbre, che caricheremo con del multifibre dello 0,19/0,20. Questo ci consentirà di raggiungere profondità elevate (le tanute stazionano dai 30 metri fino ad oltre i 90) con poco piombo mantenendo la massima sensibilità.
Terminali ed inneschi.
Il vero segreto di questa pesca sta proprio nella composizione del terminale, che realizzeremo in modo molto simile a quello per la traina con il vivo, ma con alcuni accorgimenti di non poco conto. Dal multifibra ci connetteremo al terminale in fluorcarbon, con sezione tra lo 0, 37 e lo 0,43 con una girellina di piccole dimensioni e una robusta legatura. Il terminale non dovrà essere più lungo di 7/8 metri, armato con ben tre ami del 2/0 montati in sequenza e la distanza tra loro sarà proporzionata alla lunghezza dell’esca che sarà costituita da una striscetta ricavata dal mantello di un calamaro o di una seppia.
Ecco il terminale, realizzato di dimensioni maggiori per evidenti necessità fotografiche: la presenza dei tre ami in realtà è dovuta al fatto che solo gli ultimi due risultano pescanti, mentre il primo ha solo funzione traente e rimane coperto dall’octopus
Prima ancora di montare gli ami, tutti fissi, infileremo lungo il filo un octopus, bianco, bianco-rosso o bianco-rosa, che andrà a fermarsi sul primo amo: lo scopo è quello di rendere più attrattiva l’esca, puntando sull’aumento del volume e del movimento che l’artificiale le conferirà e che integrerà anche l’attrazione olfattiva dell’innesco naturale. La porzione di cefalopode andrà ritagliata con cura, dotandola di una forma quanto più idrodinamica possibile che eviti le rotazioni e abbia la migliore sinuosità e verrà poi innescata sul terminale a tre ami.
Questo è l’innesco vero e proprio pronto per entrare in pesca: lo scodinzolio della striscia di cefalopode può essere molto attrattivo
L’azione di pesca.
Con questo assetto e ad una velocità di un nodo circa, con 250/350 gr. di piombo riusciremo a pescare fino a 70 e più metri; quindi agiremo come nella traina classica: una volta giunti sul fondo regoleremo l’altezza, recuperando un po’ per evitare incagli, e cercheremo di rimanere il più radente il fondo. In caso di corrente anche lo scarroccio potrà essere fruttuoso facendo sempre attenzione a tenere l’esca alla quota giusta.
Un fitto branco di tanute insieme a del pesce foraggio
Quando sullo scandaglio vedremo dei piccoli punti in colonna o in orizzontale, in profondità, questi saranno il segnale ….della loro presenza e le tocche non tarderanno ad arrivare; appena il cimino inizierà la sua danza accompagneremo la canna verso il mare e appena gli attacchi si faranno più decisi ferreremo con decisione. Il recupero sarà letteralmente uno sballo e la soddisfazione tanta; ma attenzione: i denti delle tanute sono micidiali, mettendo a rischio il terminale che andrà verificato dopo ogni cattura.
Le tanute in tavola
Fino a non molto tempo fa era opinione comune che la tanuta fosse un pesce mediocre da mangiare, tant’è che si diceva che non fosse buona nè cruda nè cotta: mai affermazione è stata più sbagliata. Le carni di questo pesce sono decisamente saporite, molto tenere e si prestano a tutte le preparazioni, dal carpaccio alla cottura al forno, sui carboni o al sale e persino lessata. L’importante è provvedere ad una rapida eviscerazione per assicurare la massima fragranza.